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Capitolo 4

 

LE ERESIE DEI PRIMI SECOLI

E LA FALSIFICAZIONE DELLE SCRITTURE

 

A partire specialmente dal II secolo e fino al IV secolo, nella Chiesa s’infiltrarono numerose eresie. Esse riguardavano la persona di Cristo ed altre fondamentali dottrine. Si scrissero vangeli ed epistole apocrifi. Eretici quali Marcione e Taziano non si fecero scrupolo di falsificare passi delle Scritture, allo scopo di dare un avallo alle proprie dottrine. Marcione si servì di una stesura accorciata e falsificata del vangelo di Luca.

Gli gnostici non consideravano sacri e intoccabili gli scritti del NT e all’occorrenza se ne servivano a proprio arbitrio. Pertanto i papiri e gli onciali alessandrini (mss. redatti in lettere maiuscole greche) rivelano grande libertà nella trascrizione della Parola di Dio. Kurt e Barbara Aland scrivono con disinvoltura che molti papiri offrono un testo “libero”, vale a dire una ricopiatura sotto diversi aspetti diversa dall’originale. Il copista della tradizione alessandrina, ci fanno sapere i due critici, si riteneva “libero di apportare le modifiche al testo, allo stile o alla grammatica, che egli riteneva giuste. Ciò soprattutto nei primi secoli, quando i testi non godevano ancora della dignità canonica che ebbero in seguito (!), e ancora di più agli inizi, quando un cristiano sapeva di essere in possesso dello Spirito Santo (!!)”.[9]

 

Così si ebbero due linee di trasmissione del testo: da un lato, i mss. copiati da credenti rispettosi della Parola e quindi fedeli agli originali ispirati. Dall’altro quelli contrassegnati da una stesura trascurata, arbitraria ed in parte intenzionalmente falsificata. Pertanto è importante conoscere la linea di trasmissione sulla quale si basano il MT e il TR da un lato, e dall’altro lato i testi privilegiati dai critici, i cosiddetti manoscritti più antichi.

Questi ultimi, il Sinaitico e il Vaticano, come pure i mss. su papiro, furono scritti in Egitto, una regione lontana dal luogo in cui erano stati redatti gli originali del NT, cosicché i copisti difficilmente potevano mettere a confronto le loro copie con gli originali, e i lettori, da parte loro, non potevano accorgersi delle varianti. Ciò risultava invece più facile in Grecia e nell’Asia Minore, ove si trovavano le comunità di origine apostolica.

 

Inoltre, ciò che è più grave, proprio in Alessandria e in tutto l’Egitto erano attivi molti eretici, nemici della fede biblica, impregnati di gnosticismo, arianesimo e influenzati dalla filosofia greca.

La gnosi era una dottrina pagano-demoniaca, la quale già nel I secolo era penetrata nelle giovani chiese cristiane (cfr. 1 Tm 4:1-5; 6:20, ove il termine “scienza” corrisponde al greco “gnosis”, cioè conoscenza; Cl 2; 1 Giovanni).

Gli gnostici insegnavano fra l’altro l’autoredenzione dell’uomo attraverso un’ “illuminazione” demoniaca o “conoscenza”, il disprezzo di ciò che è materia (donde la sessuofobia e l’ascesi mistica) e speculazioni pagane sulla creazione e sul mondo degli angeli. Facevano inoltre distinzione fra una divinità suprema e un dio minore (demiurgo), ordinatore del mondo.

 

In veste “cristiana”, la gnosi portò fra l’altro ad una svalutazione dell’AT, visto essenzialmente come allegorico-simbolico. Gli gnostici cristiani negavano che Gesù fosse nella natura uguale al Padre e che, Figlio di Dio dall’eternità, si fosse fatto vero uomo (cfr. Gv 1:1-14, scritto direttamente contro di loro); negavano altresì la sua morte redentrice. Cristo era per gli gnostici un essere angelico, creato, mai “venuto nella carne” (1 Gv 4:1-3), quindi impossibilitato a morire sulla croce. Per altri eretici Egli fu un uomo normale ma non generato da Dio e mai Dio dall’eternità (arianesimo).

 

Ad Alessandria operò il famoso “padre apostolico” Origene (185-254). Allievo e più tardi docente nella “Scuola catechistica alessandrina” diretta dallo gnostico “cristiano” Clemente d’Alessandria, è l’autore della dottrina dell’universalismo (tutti si salveranno) e del metodo esegetico-allegorico, col quale mise in dubbio l’autenticità di molti passi dei vangeli.

Origene fu l’iniziatore della critica testuale sistematica come viene intesa oggi. Per questo egli è molto apprezzato dai critici del testo. Alcuni studiosi hanno attribuito a lui una grande influenza sui mss. Sinaitico e Vaticano. Si presume che questi siano stati commissionati dall’imperatore Costantino all’estimatore di Origene Eusebio di Cesarea, il quale li fece redarre secondo i principi del suo maestro, inserendo cioè in essi le perniciose teorie dello gnosticismo.

 

La Chiesa latina occidentale, divenuta Chiesa di Stato sotto Costantino, assimilò alcune interpretazioni alessandrine e le inserì nella sua Volgata. Questa Chiesa ormai non era più in grado di resistere agli attacchi dei nemici della fede in quanto in essa era già presente il lievito della corruzione. Nel corso del tempo la Volgata divenne l’unica traduzione ufficiale della Chiesa Romana, ed il testo greco del NT fu messo completamente da parte.

 

Il clima caldo asciutto egiziano permise la sopravvivenza di alcuni mss. molto antichi i quali, anche a motivo dei molti errori e delle falsificazioni eretiche, non erano più stati usati, ed anche questo ne aveva favorito la conservazione.

La loro antichità perciò non è affatto una garanzia di fedeltà agli originali.

 

I discutibili mss. più antichi della critica testuale

 

Quanto siano inaffidabili per la trasmissione del testo i cosiddetti mss. più antichi, lo si può dedurre da alcuni dati di fatto. Essi evidenziano l’arbitrarietà su cui è costruito il castello della moderna critica testuale. E se questi mss. non sono degni di fede, non lo è neppure il NT “Nestle-Aland”, che su di essi è basato, e di conseguenza le nostre moderne traduzioni o revisioni del NT.

 

Quali sono questi manoscritti? Esaminiamoli un po’ più da vicino:

 

Codice Sinaitico (“Aleph”).  E’ del IV secolo e fa parte di quelli “più antichi e prestigiosi” come li definisce la prefazione alla prima edizione della nostra Nuova Riveduta. Esso fu scoperto dal critico Tischendorf nel monastero ortodosso di S. Caterina sul Monte Sinai, nel 1859. Tischendorf lo considerò come il migliore e più puro manoscritto e, basandosi su di esso, modificò la sua edizione critica del NT in più di 3500 punti. Il Sinaitico, a giudizio della maggior parte dei critici testuali, è il testo che più s’avvicina agli originali. Pur tuttavia Kurt e Barbara Aland ne giudicano la qualità con riserve: “Il testo, che presenta numerose varianti sue proprie e imprecisioni, fu sopravvalutato da Tischendorf. Esso per validità va collocato sicuramente dopo il B…”.[10]

Il giudizio è molto riguardoso. Burgon rileva in questo ms., solo per quanto riguarda i vangeli, 1460 varianti, il che significa quasi 1500 casi in cui questo “testimone”, anche dal punto di vista della critica testuale, è errato! Il ms. infatti pullula di errori di copiatura, con omissioni di parole e di intere righe. Messo a confronto col TR, il codice Sinaitico tralascia solo nei vangeli 3455 parole, ne aggiunge 1265, ne sostituisce 1114 con altre, cambia collocazione nella frase a 2299 parole e ne altera 1265, cosicché alla fine risultano complessivamente 8972 varianti! Almeno dieci correttori lavorarono più tardi per mettere in ordine una parte di questi errori.

 

Ciò che è ancora più grave, il Sinaitico, redatto sotto l’influsso di Origene, presenta numerose omissioni e caratteristiche varianti che fanno supporre interventi intenzionali da parte di fautori di eresie. Tralascia, per es., “il Figlio di Dio” in Mc 1:1, il “in me” in Gv 6:47, “che è in cielo” in Gv 3:13, l’Ascensione in Lc 24:51, trasforma il “credi nel Figlio di Dio?” di Gv 9:35 in “credi nel Figlio dell’uomo?” e “Dio” di 1 Tm 3:16 in “Colui”. Esso inoltre fa parte dei tre (!) mss. che omettono la conclusione di Marco 16 e tralascia altresì Gv 7:53-8:11.

In compenso contiene l’ “Epistola di Barnaba” e “Il Pastore di Erma”, scritti impregnati di eresie, che dai “fidati” compilatori di questo codice vennero considerati come scritti canonici!

 

Codice Vaticano (B).  Il secondo pezzo forte della critica del testo è un ms. del IV secolo, custodito nella Biblioteca Vaticana. E’ strettamente imparentato col Sinaitico, tanto che gli studiosi suppongono che abbiano avuto un comune antenato. La qualità della copia è alquanto migliore di quella del primo, sebbene anche in esso si ritrovino errori di copiatura dovuti a negligenze. Solo nei vangeli il B contiene 589 varianti sue proprie. Messo a confronto col TR, il codice B, su ricerca fatta da Burgon, omette nei vangeli 2877 parole, ne sostituisce 935 con altre, ne aggiunge 526, cambia di posto 2089 parole e ne modifica 1132, cosicché alla fine si hanno in tutto 7578 varianti.

Il Codice Vaticano fu per molti critici, specialmente per Westcott e Hort, la quintessenza del testo “puro”, privo di influssi, uguale all’originale. Però anche questo dogma più tardi dovette essere abbandonato dalla critica testuale. Il Vaticano mostra una stretta parentela con il più antico Papiro P75, ed in molti punti concorda col Sinaitico, quando si tratta di varianti ispirate dalle eresie.

 

Questi Codici “prestigiosi” si trovano molto spesso in contrasto col TR ma, ciò che è peggio, essi si degradano contraddicendosi ripetutamente a vicenda. Lo studioso Herman Hoskier constatò che il Sinaitico e il Vaticano si contraddicono nei vangeli in 3036 punti! Ciò corrisponderebbe a 30 contraddizioni per pagina in una normale Bibbia! Ricordiamo ciò che dice la Parola: “Molti deponevano il falso contro di lui; ma le testimonianze non erano concordi (Mc 14:56).

La caratteristica biblica di una vera testimonianza è data invece da diversi testimoni che attestano la stessa cosa. Ciò si riscontra non nei mss. egiziani ma nel MT.

 

I papiri. Nel XX secolo la critica testuale aggiunse al Vaticano e al Sinaitico, quali ulteriori testi prestigiosi, gli antichi papiri (per lo più del II e III sec.). Essi presentano una parentela coi due Codici sia per la comune provenienza (Egitto) che per il sommario, arbitrario trattamento del testo. Alcuni di essi, innanzitutto il P75, appartengono al filone alessandrino. Altri tuttavia testimoniano l’esistenza di una tipica lettura uniforme del testo biblico nel II e III secolo, e quindi indirettamente vanno a favore del TR. Contengono infatti numerose varianti tipiche del MT che, secondo la teoria della recensione, non avrebbero dovuto comparire così presto!

 

Codice di Beza (D). Per un certo tempo ebbe un grande ruolo per la critica testuale un antico ms. del V secolo, uno dei più arbitrari e corrotti, contenente un numero straordinario di omissioni, varianti e aggiunte con libere interpretazioni. E’ interessante notare che le sue origini risalgono ugualmente all’Egitto. In alcune edizioni del NA, fino alla 25a, questo singolare ms. fu tanto apprezzato da determinare tutta una serie di arbitrarie omissioni e alterazioni. Nel frattempo anche esso è stato degradato dalla critica del testo.

 

Anche nell’attuale edizione del NA viene data un’indubbia preferenza alla tradizione alessandrina con la sua piccola minoranza di codici onciali. Nella maggior parte dei casi si sopravvalutano il Sinaitico, il Vaticano e gli antichi papiri. E’ interessante notare che in alcuni punti vengono riconosciute le varianti del MT – ma solamente se esse si trovano negli antichi onciali. Nel complesso il criticismo testuale continua pervicacemente a sostenere che la maggior parte dei mss. della tradizione alessandrina “per il lavoro della critica testuale restano fuori discussione”.[11]

 

 

[9] Kurt e Barbara Aland, Der Text des Neuen Testaments – Einführung in die wissenschaftlichen Ausgaben und in Theorie wiePraxis der modernen Textkritik – Stuttgart (Dt. Bibelgesellschaft). 2a ediz. 1989, pp. 69 e 79.

[10] Aland/Aland, Der Text…, p.118.

[11] Aland/Aland, Der Text…, p.114.

Commenti   

0 #1 Senza paroleMariona 2018-04-18 08:30
A questo punto mi chiedo dopo aver letto tutto dove sta la verità?
Se pure negli originali ci sta divergenza e anche la manomissione....dove sta la verità ?
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0 #2 Dove trovare la verità?gar_isma 2018-04-19 18:47
Buona riflessionne: dove trovare la verità?
Credo che se Dio ha permesso che ci siano differenze tra i manoscritti che ci sono pervenuti e se ha permesso al nemico di falsificare certe cose, è proprio per insegnarci che la verità non si trova un libro ma deve essere cercata in una relazione con il Signore. Egli ci ha lasciato il suo Spirito per condurci in tutta la verità, non in una Bibbia "perfetta" o "senza errori".

Dobbiamo dunque denunciare gli errori, pronare la vigilanza, in modo che il lettore presti attenzione e approfondisca ciò che legge, chiedendo l'unzione dello Spirito Santo e analizzando ciò che gli altri sembrano aver capito, in un’attitudine ripiena di amore e rispetto.
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