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La dottrina della creazione

Indice articoli

 

III. Le affermazioni teologiche decisive sulla creazione

 

Per concludere la nostra riflessione sulla dottrina biblica della creazione, passeremo in rassegna, prima di tutto, due serie di prove sperimentali a pro della creazione e contro l’evoluzione; poi enunceremo quattro affermazioni, quattro tesi teologiche decisive, che saranno altrettanti punti d’ancoraggio ai quali la nostra Chiesa si dovrà sempre tenere, o meglio aggrapparsi.

A) Le prove sperimentali a favore della creazione e contro l’evoluzione

1. Le leggi della termodinamica

Le due leggi della termodinamica sembrano aver bisogno di qualche cosa che somiglia alla creazione divina, rendendo impossibile l’evoluzione materialista.

La ricerca condotta per oltre un secolo ha sempre più mostrato che le due leggi della termodinamica testimoniano, almeno in maniera indiretta, la necessità della creazione assoluta (cioè a partire dal nulla). La prima legge, quella della conservazione dell’energia, dimostra questa realtà: dal momento che l’energia, che contiene tutta la materia, non è attualmente né creata né distrutta, ci dev’essere stato un momento, al di fuori del tempo fisico, in cui sono state in funzione delle energie creatrici, cosa che non si può più ottenere nel nostro mondo naturale.

In altre parole, ciò significa che l’energia (la materia) non può essere prodotta naturalmente dal nulla. Bisogna dunque che ci sia stato qualcosa, o meglio qualcuno), al di fuori del processo naturale spazio-tempo, cosicché ci possiamo spiegare come sia potuto venire all’esistenza un mondo in cui non si può creare la realtà materiale. Ed è chiaramente ciò che ci fa capire la lingua ebraica in Genesi 1:1 usando nient’altro che una particolare forma verbale per contrassegnare la creazione assoluta: la forma bara(h) al tempo Qal. Questa forma del verbo non è usata, nella Scrittura, che per esprimere l’attività divina della creazione a partire dal nulla.

La seconda legge della termodinamica (la legge dell’entropia) conferma ancora di più il verdetto della prima legge: l’energia-materia non può giustificarsi nel quadro dei processi fisici attuali. È quanto viene dimostrato da uno dei teoremi di Gödel: un sistema non può essere nello stesso tempo chiuso e completamente giustificato. Infatti, per essere completamente giustificato, deve aprirsi ad un grado più elevato della realtà. La legge d’entropia dice che ad ogni scambio di energia nel cosmo, una certa parte di questa energia tende a passare allo stato non reversibile di energia calorifica, che allora non è più disponibile per un lavoro produttivo. La legge d’entropia dice ancora che in capo ad un determinato tempo, per lo scambio avvenuto di energia, si sarà creata tanta energia calorifica che l’universo ne morrà consumandosi per il calore (ciò che i cristiani collegheranno alle predizioni di 2 Pietro 3:7-10 riguardo all’ultimo giorno, quando gli elementi infuocati si dissolveranno).

Sir James Jeans ha mostrato bene in che cosa la legge d’entropia dà conto della necessità di un inizio:

Il punto di vista scientifico ortodosso è che l’entropia dell’universo deve sempre accrescersi per giungere finalmente ad un massimo. Ora essa non ha raggiunto questo massimo, e noi neanche ce ne accorgeremmo se l’avesse raggiunto. Essendo l’entropia dell’universo ancora in rapida crescenza, è ben necessario che essa abbia avuto un inizio; deve esserci stato ciò che noi descriveremmo come una creazione in un momento che non è lontano nell’infinito.

2. L’irriducibile complessità della cellula parla a favore della creazione e contro l’evoluzione

Uno dei libri più venduti negli USA negli anni 1996 e 1997 è l’opera di Michael Behe, professore di biochimica all’Università Lehigh di Pennsylvania. È intitolato: La scatola nera di Darwin e la sfida biochimica all’evoluzione.[8] M. Behe argomenta che, specialmente in seguito alla decifrazione del codice del DNA, ciò che si conosce della complessità quasi incredibile della cellula umana esclude completamente ogni possibilità che essa risulti dall’evoluzione, ma fa piuttosto pensare al compimento di uno schema ideato da una superiore intelligenza. Egli mostra che:

Un complesso sistema irriducibile non può essersi prodotto direttamente, vale a dire per un miglioramento continuo della funzione iniziale, che continua a lavorare secondo il medesimo meccanismo, un sistema complesso irriducibile non può essere prodotto da leggere modificazioni successive di un sistema precursore, poiché ogni sistema precursore di un sistema complesso a cui mancherebbe una parte (anche un piccolo pezzo), per definizione non potrebbe funzionare. Un sistema biologico complesso irriducibile... è dunque una possente sfida alla teoria dell’evoluzione di Darwin.

Egli poi nota:

Ai livelli più bassi della biologia - quelli della vita chimica della cellula - abbiamo scoperto un mondo complesso che modifica radicalmente le basi sulle quali si possono contestare i dibattiti intorno a Darwin.

E Behe aggiunge:

In sintesi, allorquando i biochimici hanno cominciato ad esaminare strutture apparentemente semplici, quali i cigli e i flagelli, hanno scoperto una complessità sconcertante, fatta di dozzine o anche di centinaia di pezzi minuziosamente fatti su misura... Man mano che il numero di questi pezzi aumenta, la difficoltà di mettere insieme un sistema per gradi diventa vertiginosa e... Darwin sembra sempre più abbandonato.[9]

La conclusione scientifica è chiara: le strutture incredibilmente complesse dei sistemi viventi, non solamente escludono un’evoluzione graduale, con un mutamento per gradi, e la selezione naturale, ma necessitano anche di una creazione diretta, vale a dire di essere state fatte completamente adulte, nello stadio della loro piena maturità, interamente funzionali. M. Behe mostra perché:

La conclusione che c’è un disegno intelligente dietro i sistemi interattivi poggia sull’osservazione della complessità irriducibile altamente adattata, l’ordine di componenti separati molto adattati per arrivare ad un funzionamento che va più lontano degli stessi componenti (p. 223).

pertanto, se qualche cosa non fosse stata messa insieme rapidamente, o anche repentinamente... (p. 187).

... Più grande è la specificità dei componenti interattivi necessaria per produrre questo funzionamento, e più grande sarà la nostra fiducia nella conclusione del grande Disegno (p. 194).

E Behe sente la voce della biologia molecolare che è un richiamo alla creazione:

Il risultato dell’accumulo degli sforzi d’investigazione della cellula -per cercare la vita al livello della molecola - è un chiaro e forte appello, un grido acuto per un disegno! Questo risultato è talmente senza ambiguità, talmente pieno di senso che dev’essere messo fra i più grandi eventi (del secolo) nella storia della scienza.[10]

3. Bastano le prove per convincere gl’increduli?

Abbiamo visto quanto c’insegnano le prove scientifiche sperimentali sulla creazione ieri e oggi. ma, in quanto cristiani, sappiamo che ci vuole altro che le prove per cambiare l’opinione della gente.

Non ci sono solamente teologi riformati famosi, come Cornelius van Til, ma anche ricercatori di mente chiara nel campo delle prove legali, come il professor Philip Johnson, di Berkeley, i quali ci hanno mostrato che c'è un senso inevitabile secondo il quale «la fede determina i fatti». È il suo punto di partenza, o il suo quadro presupposto, o ancora, come dice Thomas S. Kuhn nella sua Struttura delle rivoluzioni scientifiche, il paradigma che tende a renderci ciechi davanti ai fatti, anche se essi risultano dall'osservazione sperimentale, allorquando questi risultati non s'inseriscono bene nel nostro sistema di pensiero.

I cristiani sono stati a lungo accusati di dare per base della fede articoli accecanti e oscurantisti; ma attualmente le ricerche scientifiche e giuridiche si collegano per mostrare che l'evoluzionismo è una religione, una fede, un dogma protetto. Nel suo libro Il dogma dell'evoluzione (Evolution as Dogma), Ph. Johnson dice giustamente: «Ciò che i professori di scienza propongono di insegnarci come evoluzione, e ciò a cui danno questo nome, non è fondato su prove sperimentali incontestabili, ma su un postulato filosofico molto discutibile».

In un altro volume più recente, Ph. Johnson intavola la discussione su una sorprendente conferenza data nel 1981 nel Museo di storia naturale americano. Detta conferenza paragonava il creazionismo (non la scienza della creazione) con l'evoluzione, e li caratterizzava ambedue come concezioni scientifiche prive di senso, che si basano innanzitutto sulla fede senza poterne dare spiegazione del come.

Secondo C. Patterson, «la teoria di Darwin della selezione naturale è sotto il fuoco delle critiche e gli ambienti scientifici non sono affatto ancora sicuri della sua validità. Gli evoluzionisti parlano sempre più come creazionisti per quanto riguarda il mettere un fatto in evidenza, ma sono incapaci di fornire una (soddisfacente) spiegazione dei mezzi per produrlo».

La coscienza della realtà del potere accecante dei presupposti è un buon motivo per pregare, in maniera sempre più fervente, per coloro i quali non credono alla creazione operata da Dio, per domandargli di liberare la loro mente incatenata e aprire i loro occhi.

E, nello stesso tempo, preghiamo per gli evoluzionisti, ricordandoci di questi versi di un poema Sulla Verità, composto da Laurent Drelincourt, pastore a Parigi nel XVII secolo:

 

Un solo strale dei tuoi occhi trafigge l'accecamento:

L'errore, sbigottito alla tua vista, sparisce:

La tua mano, spezzando le nostre catene, ci porta al Firmamento;

E, contro il tuo potere, ogni sforzo è vano.

B) Quattro tesi teologiche decisive, che non sono negoziabili

Riassumiamo tutto quanto è stato detto in quattro decisive affermazioni teologiche sulla creazione, sperando che queste tesi siano sostenute da tutte e ciascuna delle nostre chiese la cui dottrina è sana, quali che siano la differenze minori e le incertezze che esse possano avere fra di loro.

1. Sulla creazione assoluta

Non è veramente necessario ridire le prove sia bibliche che scientifiche della creazione dal nulla da parte di un Dio infinito e personale. Continuare a voler attenersi a una forma di relativismo o di creazione secondaria, equivale ad elevare qualcosa d'altro (che possa essere lo spazio, il tempo. l'elettromagnetismo e la forza di gravità, l'energia o la struttura nucleare) alla posizione di rivale infinito del solo vero Dio. Abbiamo già detto abbastanza su questo soggetto.

2. La validità nello spazio-tempo della Parola scritta di Dio

La validità, nello spazio-tempo, della Parola scritta di Dio è qualcosa che la Scrittura proclama da se stessa. Allontanarsi dalla Scrittura su questo punto per accomodarla alla filosofia naturalista equivale a rendere il peggiore servizio possibile a coloro che sono presi nelle maglie del dogma dell'evoluzione materialista. Bisogna avere abbastanza amore per le anime materialiste, nel seno della nostra cultura in disintegrazione, sopportando di vederli irritati contro di noi quando annunciamo loro la verità, che essi devono udire nell'amore. Quando non prendono sul serio la Scrittura, parlando del mondo reale dello spazio-tempo, ciò significa introdurre un dualismo teologico disastroso fra il dominio dell'alto e il dominio del basso, svuotando le Scritture della loro realtà nei due domini. Noi portiamo testimonianza della verità della Scrittura, non perché non amiamo i naturalisti che si oppongono alla Parola, ma perché ci preoccupiamo di loro e vogliamo che si realizzi «l'ingresso nella Parola che dà luce». La sola cosa veramente caritatevole che possiamo fare per essi è di «tormentarli» per mostrare il loro intellettuale fallimento e dirigerli verso il ricco tesoro della Grazia racchiusa nella Parola di Dio. Il fatto che la loro risposta alla nostra testimonianza possa essere meno che riconoscente non è una ragione per nascondere loro la luce, a cui dovrebbero guardare (benché essa in un primo momento potrebbe ferire i loro occhi, come ha potuto ferire i nostri). Samuel Rutherford, il riformatore scozzese, diceva bene: «I doveri sono nostri, gli eventi sono di Dio» (Duties are ours; Events are Lord's).

3. L'origine del peccato e la morte nell'universo per la colpa dell'uomo

Un terzo fondamento teologico assolutamente decisivo, sul quale ogni chiesa sana si deve saldamente ancorare, è la spiegazione che dà la Bibbia sull'entrata del male e della morte nell'universo a causa del peccato dell'uomo. È un punto dal significato immensamente più importante che tutte le questioni sulla data precisa della terra e altre questioni, che tuttavia non sono senza conseguenze.Infatti tutto il piano divino della salvezza, quale è contenuto nella teologia dell'alleanza dell'Antico e del Nuovo Testamento, attraverso i princìpi federalisti o rappresentativi, tutto questo piano poggia sulla validità di questo punto maggiore della Genesi. E la profondità della bontà di Dio,«che è luce, e in cui non è possibile tenebra alcuna», è legata in maniera inestricabile alla risposta che la Genesi dà alla domanda: quale è dunque l'origine del male?

Vediamo questa problematica, quella della bontà di Dio e del male; poi rifletteremo sugli insegnamenti della Genesi e dell'Epistola ai Romani relativamente alla posizione privilegiata di Adamo nell'alleanza sul piano della redenzione. Per quanto concerne queste due verità teologiche estremamente significative, vi raccomando la piccola opera di N. Cameron: L'evoluzione e l'autorità della Bibbia[11]. Penso che i capitoli 4 e 5 di questo libro costituiscano il più eccellente punto esegetico e teologico che io abbia mai visto su queste due questioni. Li voglio qui riassumere.

Sei volte, nel capitolo 1 della Genesi, gli specifici elementi della divina creazione sono qualificati buoni (nei versetti 4, 10, 12, 18, 21, 25). La settima volta, è tutta la creazione che riceve enfaticamente la qualifica di «molto buona».

Come scrivono Keil e Delitzsch, nel loro grande Commentario dell'Antico Testamento: «Con l'aggettivo buono applicato a tutto ciò che Dio aveva fatto, e con la ripetizione del termine buono a cui è aggiunto l'avverbio enfatico molto, viene assolutamente negata l'esistenza del male nel seno della divina creazione».

N. Cameron prosegue spiegando come la Genesi ricollega all'uomo la venuta del male nel mondo: «Ecco la risposta della Bibbia alla problematica del male: è apertamente per biasimare l'uomo, e la teodicea abbozzata nei tre primi capitoli della Genesi assume una specie di forma giuridica per renderlo assolutamente evidente , garantendo l'integrità del Giudice». Egli fa risaltare come il capitolo 1 metta in scena la perfezione morale della creazione. Nel capitolo 2, si pone l'accento sui dettagli che dimostrano il carattere amoroso delle cure di Dio per l'uomo. «Con la buona provvidenza di Dio e la proibizione di un solo albero, cui è legata una clausola di punizione».

Dopo la loro violazione del comando divino e il tentativo di nascondersi: «Essi vengono inquisiti da Dio e portati a confessare la loro colpa». Il Giudice pronuncia allora la sentenza (Ge 3:4-9). La morte, che era stata minacciata, è comminata con tutto il resto che essa comporta, giacché vi sono inclusi, in un sommario, i mali della vita: la maledizione del serpente (v.14), l'inimicizia fra il serpente e la donna (v.15), i dolori del parto (16a), i conflitti del matrimonio (16b), la maledizione del suolo (17b), la maledizione sul lavoro umano (17b, 18, 19a) e, punto culminante, il ritorno alla polvere (19). Non é facile evitare la conclusione che i mali di questo catalogo sono tutti destinati a prodursi.

N. Cameron cita E.L. Mascall, che scriveva:

Fino a questi ultimi anni, era quasi universalmente saputo che tutti i mali, sia morali che fisici, che colpiscono questa terra sono, in una maniera o nell'altra, la conseguenza della prima azione con la quale una creatura corporale, dotata di ragione, s'è deliberatamente innalzata contro quella che sapeva bene essere la volontà di Dio.

Il capitolo 4 della Genesi parla poi di assassinio e di vendetta, indi i capitoli 6 e seguenti mostrano il giudizio devastatore costituito dal diluvio universale. «Il legame dei capitoli 1, 2 e 3 coi quattro seguenti è di grande significato. Il Creatore si trova liberato dal biasimo: il mondo da lui creato era sette volte buono. La svolta si è avuta per la caduta dell'uomo con tutto il suo seguito di miseria per lui e di sconvolgimento sulla terra che gli era stata affidata».

Cameron conclude evidenziando bene il centro della problematica, costituito dalla bontà di Dio e dalla sua intenzione di redenzione.

La minaccia proferita contro l'uomo nel giardino dell'Eden era ben chiara: una minaccia di morte, la morte come conseguenza del peccato. Si tratta di un legame molto semplice, che sottolinea ciò che apprenderemo più tardi nella Scrittura a proposito della morte e del peccato. È un fondamentale presupposto per la comprensione evangelica dell'espiazione, cosicché se viene contestato il legame di causalità peccato-morte, si riducono a nulla la causa e l'efficacia dell'espiazione mediante il sangue...

La Genesi ci ha insegnato che Dio ha creato un mondo perfetto, ma che la morte dell'uomo e gli altri mali sono penetrati in questo mondo per la colpa del peccato originale dell'uomo.

La teologia dell'apostolo Paolo si fonda sulla validità del legame fra il peccato originale di Adamo e la rovina del mondo. Per questo egli stabilisce il parallelo fra la persona e la straordinaria opera di Gesù Cristo, «l'ultimo Adamo», il quale annulla con la sua obbedienza a Dio, suo Padre, le conseguenze del peccato originale di Adamo e guarisce non solo l'umanità, ma con essa il mondo fisico nella sua interezza. Questa analogia fra il Cristo e Adamo è insegnata nella I Epistola ai Corinzi (15:21-22) e nell'Epistola ai Romani (5: 12-21). È nel capitolo 8, versetti da 19 a 23, dell'Epistola ai Romani che si fa riferimento alla liberazione del mondo fisico, che attualmente soffre per il giudizio, conseguente agli effetti deterioranti del peccato dell'uomo.

Tutto ciò vuol dire che Adamo «rappresentava», in ciò che faceva, non solamente tutta la sua discendenza, ma anche tutto l'ordine della creazione di cui era il coronamento e il sacerdote. È quanto Keil e Delitzsch commentano così:

La creazione è stata trascinata nella caduta dell'uomo, cosa che l'ha costretta a condividerne le conseguenze, poiché la totalità della creazione irrazionale era stata fatta per l'uomo e resa soggetta a lui, suo capo; per conseguenza, la terra era stata maledetta a causa dell'uomo.

Il grande teologo scozzese Thomas Boston, nella sua opera Il quadruplice stato della natura umana (The Fourfold State of Human Nature), risponde all'obiezione molte volte sollevata nel corso dei secoli: questo principio della rappresentanza non è una «cattiva novella»? E risponde dicendo che, in definitiva, il medesimo principio di primato in forza di un'alleanza o di un trattato è la migliore buona novella, e la sola speranza per la razza umana. Infatti, con questo mezzo, Gesù Cristo, l'ultimo Adamo, mettendosi al posto nostro, ci rappresenta e fa per noi ciò che non potremmo mai fare: offre a Dio Padre il suo perfetto amore filiale e la sua morale obbedienza di tutti gli istanti, poi, sempre al posto nostro, storna su di sé tutte le conseguenze del nostro peccato, il suo obbrobrio e la sua giusta punizione. La buona novella è che noi siamo in Cristo (vedere il capitolo 6 della lettera ai Romani), cosa che fa più che controbilanciare la cattiva novella di essere nati in Adamo.

Non riconoscere il carattere centrale della rappresentanza nel primo Adamo equivale a svuotare della sua realtà l'ultimo Adamo. Se il primo rappresentante dell'alleanza non avesse recato, con la sua disobbedienza, la morte e la condanna al mondo fisico reale, è improbabile che l'ultimo Adamo avrebbe potuto recare, con la sua obbedienza, perdono, vita e guarigione, o quanto meno non al mondo reale.

Non intendo sviluppare lo scenario evoluzionista del male, della morte e delle età fossili anteriori alla creazione di Adamo e alla sua volontaria caduta, né come questo scenario sia in assoluto contrasto con la spiegazione che ci danno sia l'Antico che il Nuovo Testamento riguardo all'origine del male e, con la Buona Novella, l'Evangelo, riguardo alla realtà del primato dell'alleanza. I tentativi dell'evoluzionismo teista sono intrepidi, ma assolutamente senza speranza, quando pretendono conservare Gesù Cristo, nella sua obbedienza passiva e attiva, come nostro rappresentante, accettando nello stesso tempo le teorie contrarie degli evoluzionisti, con le loro lunghe epoche di viziose lotte e di mortali sofferenze fra i preumani.

A me sembra che per l'interpretazione della Genesi e per tutta la sistematica teologica della Chiesa cristiana, non c'è domanda che abbia più senso di questa: come è venuto il male? e come si vince? Abbandonare l'insegnamento centrale delle Scritture e, nello stesso tempo, la testimonianza ortodossa quasi universale di tutte le Chiese storiche da duemila anni a questa parte, per accomodarla a una teoria delle origini che è falsa, dogmatica, non sperimentale, ecco l'assurdo. Benché dettata certamente dalle migliori intenzioni, una tale capitolazione dalla verità centrale della Bibbia, a vantaggio di concezioni materialiste estremamente problematiche, mira al cuore della fede e della missione della Chiesa. E, in ultima analisi, questa maniera di procedere è contraria al superiore bene dei materialisti stessi, di cui i cristiani hanno sempre il dovere di prendersi cura (Ro 1:14).

In conclusione, l'evoluzionismo (e l'evoluzionismo teista che ne fa parte) si appella a una spiegazione del male completamente diversa e svuota del principio di rappresentanza la sua applicazione al mondo reale. È certamente un prezzo da pagare troppo alto per un tentativo di compromesso con una teoria che non è sostenuta dalle ricerche della sperimentazione scientifica, e non è in accordo con la Parola di Dio.

4. Le teorie umane devono conformarsi alla Scrittura

Tutte queste teorie: quella dello spazio mancante (gap theory), quella dell'inquadramento naturalista, quella dell'evoluzionismo teista, tutte devono servire come potenti esempi pedagogici di ciò che la teologia cristiana non dovrebbe mai permettersi. Non è mai cosa saggia il voler adattare l'autorità della Scrittura, Parola di Dio pienamente e scrupolosamente interpretata, a dei paradigmi (per riprendere l'espressione di T.S. Kuhn) derivati da concezioni naturaliste del mondo. L'approccio giusto si ha nel convincersi che, per comprendere veramente bene l'ordine della creazione, la Sacra Scrittura dà un orientamento generale che non cambia. Le Scritture, certo, non rispondono a tutte le questioni, così come non pregiudicano nessuno per i risultati della sperimentazione e della ricerca. Ma esse danno a coloro che sono stati creati a immagine di Dio dei punti di partenza e dei limiti, che sono assolutamente necessari per un'interpretazione fruttuosa della creazione e della vita: le sue origini e la sua finalità.

Alcuni anni fa, Robert Jastrow ha ipotizzato, con umorismo, che la paura peggiore per gli scienziati si avrà quando alla fine essi arriveranno in cima alla montagna e vi troveranno... una schiera di teologi, seduti là da secoli! O, come disse una volta Albright, ebraista e grande critico dell'Antico Testamento: «Se ci aggrappiamo alle Scritture, la scienza finalmente ci raggiungerà!» Noi non potremo mai fare meglio per giungere a questo che continuando a credere, continuando a proclamare con molta precisione ciò che dicono le Scritture riguardo alle origini del mondo, alla sua fine e a tutto ciò che nel frattempo è accaduto, accade e accadrà. Giacché il privilegio di noi, gente del Libro, è quello di usarne in modo da contribuire ad un esito finale che sia non il dolore di una pena che non avrebbe senso, ma il frutto di una grandissima gioia.

Sono persuaso che ci troviamo alla vigilia di ciò che Thomas S. Kuhn, nella sua opera La struttura delle rivoluzioni scientifiche, chiama un «cambiamento di paradigma». È quanto accade quando un modello teorico del mondo antico (il paradigma) non può più rendere conto della realtà sperimentale che si erge davanti ad esso. Può darsi che noi, fra cinquanta o sessanta anni, vedremo la teoria evoluzionista rimpiazzata da una dottrina rinnovellata della creazione ad opera di Dio Padre,mediante il Figlio e nello Spirito Santo. E la mia preghiera è che voi, conduttori della Chiesa di Dio, facciate della divina Parola rivelata il punto di partenza della dottrina del fondamento di ogni concezione vitale del mondo: la creazione di tutte le cose dal nulla mediante la Parola eterna. Se voi fate degli undici primi capitoli della Genesi la vostra convinzione di base, il vostro presupposto, allora ci saranno tutti i motivi per credere che la scienza finalmente vi raggiungerà, e a quel punto voi avrete contribuito a dare forma ad una concezione completa e guaritrice del mondo e della vita per la cultura del maggior numero di persone.

Io vi invito a fare nostra questa preghiera di lode al Dio creatore dell’universo nella composizione poetica di Vittoria L. Lella:

 

O mio Signore, se guardo il ciel, le stelle,
Se penso ai mondi, opra di tua man,
Se odo il tuon, la voce sua possente
Che il tuo poter mi porta a meditar,
L’anima mia, Signore, canta a Te:
Grande Tu sei! Grande Tu sei!
L’anima mia, Signore, canta a Te:
Grande Tu sei! Grande Tu sei!

E quando un dì, Signore, Tu verrai

E su nel ciel mi porterai con Te,

Di gioia il cuor traboccherà; adorando

Ripeterà che grande sei, mio Re!

L’anima mia, Signore, canta a Te:

Grande Tu sei! Grande Tu sei!

L’anima mia, Signore, canta a Te:

Grande Tu sei! Grande Tu sei!

 

 

 


[1] D. Kelly è professore di teologia sistematica nel Reformed Theological Seminary di Dillon (Carolina del Nord - U.S.A.). Questo articolo riporta le tre conferenze da lui tenute alla Pastorale di Dijon nell’aprile 2000.

[2] (Le citazioni bibliche sono tratte dalla Nuova Diodati, edizione 1991)

[3] A Huémoz-sur-Ollon, in Svizzera

[4] Traité de Zoologie, tomo VIII, Masson, 1976

[5] «Paleontology and Evolutionary Theory», Evolution, vol.2, 1974

[6] H.M. Morris

[7] P.D. Ackerman, It’s a Young World After All: Exciting Evidences for Recent Creation - Grand rapids: Baker Book House

[8] Darwin’s Black Box: The Biochemical Challenge to Evolution - The Free Press, 1996

[9] Op. cit., p. 73

[10] Op. cit. p. 232-233

[11] Evolution and the Authority of the Bible - Exeter: Paternoster, 1983